Un aumento consistente del numero degli stranieri irregolari, dovuto alla soppressione della protezione umanitaria, difficoltà nell’applicazione dei nuovi bandi per la gestione dei centri da parte delle Prefetture, segnali evidenti di una prevalenza del modello dei grandi centri dislocati in periferia a scapito dell’accoglienza diffusa e una scarsa trasparenza che continua a contraddistinguere i processi. È il quadro che emerge dal rapporto “La sicurezza dell’esclusione – Centri d’Italia 2019”, realizzato da ActionAid e openpolis, che offre una prima valutazione dell’impatto delle politiche migratorie del primo Governo Conte.

La riforma del sistema di accoglienza decisa dal precedente esecutivo poggia principalmente su due provvedimenti: il decreto sicurezza, con l’abolizione della protezione umanitaria e lo smantellamento del sistema Sprar, e il nuovo schema di capitolato di gara. Dal rapporto emerge come la scelta di abolire la protezione umanitaria, nata per l’espressa volontà di contrastare la cosiddetta “emergenza migranti”, contribuirà paradossalmente a crearne un’altra, quella degli irregolari presenti sul nostro territorio: sulla base dei dati emersi finora, il report stima che il numero degli irregolari potrà arrivare a 680mila entro il 2019 e superare i 750mila a gennaio del 2021. L’abolizione della protezione umanitaria si è tradotta infatti nell’aumento immediato della percentuale dei “diniegati” (coloro ai quali viene negato il riconoscimento di una forma di protezione internazionale), che passano dal 67% nel 2018 all’80% nel 2019: in numeri assoluti 80mila persone che rischieranno di essere estromesse dal sistema e destinate ad aggiungersi alla popolazione degli irregolari.

“Il decreto sicurezza ha creato un paradosso evidente. La scelta di cancellare la protezione umanitaria è intervenuta proprio quando gli sbarchi sono al minimo dal 2010. Una misura voluta per contrastare un’emergenza che non c’è ne ha creata un’altra reale: quella degli irregolari. Auspichiamo che il nuovo governo Conte dia presto un reale segno di discontinuità abrogando il decreto, rimediando ai suoi effetti sui diritti delle persone e alla destrutturazione del sistema di accoglienza”, dichiara Marco De Ponte, segretario generale di ActionAid. 

Sul fronte dei nuovi capitolati per gli appalti della gestione dei centri di prima accoglienza e dei Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio), sono due le tendenze che emergono: da una parte la riduzione delle cifre procapite/prodie della media dei bandi precedenti va a penalizzare i centri più piccoli e ad incentivare quelli medi e soprattutto grandi, per i quali sono realizzabili economie di scala. Questo si traduce però anche nel favorire i gestori di medie e grandi dimensioni a danno delle cooperative e associazioni che impiegano personale qualificato con costi non comprimibili. L’altra tendenza è una difficoltà evidente nell’applicazione concreta del nuovo schema di capitolato: dal dicembre 2018 all’inizio di agosto del 2019 su 428 contratti d’appalto messi a bando da 89 prefetture, più della metà sono proroghe di contratti in corso o procedure rivolte a casi specifici, mentre solo 208 sono accordi quadro che hanno seguito i nuovi standard, a volte anche ripetuti, visto che spesso si verifica che la prima gara vada deserta, perché nessuno si presenta oppure quando i posti assegnati non sono sufficienti per coprire il fabbisogno. 134 invece i contratti assegnati nel 2019 in affidamento diretto, in buona parte proroghe.

“Anche quest’anno dobbiamo denunciare un livello di trasparenza delle informazioni assolutamente inadeguato per un tema come quello dell’accoglienza che è al centro del dibattito pubblico e dello scontro politico. Chiediamo che il Ministero dell’Interno permetta finalmente l’accesso ai dati del sistema di gestione dell’accoglienza (SGA) per consentire un controllo pubblico e indipendente su come sono stati spesi 2,7 miliardi di euro nel 2018, sui gestori dei centri, sulla presenza e la qualità dei servizi per le persone accolte”, dichiara Vittorio Alvino, presidente della Fondazione openpolis.

Il rapporto “La sicurezza dell’esclusione” analizza anche le spese per l’accoglienza e i rimpatri. Se le prime sono previste in calo di circa 150 milioni di euro rispetto al 2018, il fondo rimpatri registra un picco notevole, da 3,9 milioni di euro nel 2018 a 11,4 milioni nel 2019. Nel dettaglio, mentre tra il 2016 e il 2018, le risorse destinate alla gestione dell’accoglienza sono aumentate, passando da 1,6 a 2,7 miliardi di euro (l’80% delle quali destinate nel 2018 ai Cas e agli altri centri di prima accoglienza), nel 2019, basandosi sulle cifre preventive e non sul rendiconto, si prevede una riduzione di 150 milioni (-125 milioni per Cas e centri di prima accoglienza, -20 milioni per i minori non accompagnati e -6 milioni per i centri Siproimi ex Sprar. In controtendenza però le spese per i centri di permanenza e rimpatrio (Cpr), che mostrano tra il 2018 e il 2019 una crescita di 6 milioni di euro circa (+46,9%).

ActionAid e openpolis sottolineano come il livello di trasparenza del sistema di accoglienza garantito dalle nostre istituzioni non sia affatto migliorato rispetto a quanto denunciato già un anno fa con la precedente edizione del rapporto “Centri d’Italia”. Sebbene le prefetture abbiano migliorato mediamente la comunicazione a seguito dei FOIA effettuati, le informazioni restano comunque sostanzialmente inaccessibili e il Sistema informatico di Gestione dell’accoglienza (SGA) risulta essere ancora completamente chiuso alla società civile.

Link al rapporto

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